La battaglia delle rassegne
La Fieg ha detto basta ai fenomeni di sfruttamento parassitario dei contenuti protetti dal diritto d’autore. E con la costituzione del Repertorio Promopress segna un punto importante nella partita per la valorizzazione del prodotto editoriale nell’epoca di Internet. Nel mirino degli editori le aziende che fanno le rassegne stampa riproducendo articoli protetti da copyright, ma anche Google e gli aggregatori di notizie
La trattativa è stata lunga e laboriosa ma alla fine gli editori hanno portato a casa un risultato: il principio che l’utilizzo dei contenuti di giornali e riviste per confezionare le rassegne stampa debba essere subordinato alla firma di un contratto di licenza e al pagamento di una royalty si è concretizzato nella costituzione del Repertorio Promopress. Il nuovo organismo è una srl che fa capo alla Fieg, Federazione italiana editori giornali, ma a essa possono aderire tutti gli editori, anche quelli non iscritti alla Fieg. Il suo compito è di raccogliere il compenso per il diritto di riproduzione e utilizzo degli articoli sulle rassegne stampa. Il contratto Promopress (vedi il riquadro nella pagina seguente), prevede che le agenzie girino agli editori una quota del proprio fatturato: si parte dal 2% quest’anno, per arrivare all’8% nel 2015. La notizia, annunciata ufficialmente il 20 luglio scorso, è stata salutata con grande soddisfazione dagli editori. “L’iniziativa”, ha dichiarato il presidente della Fieg, Giulio Anselmi, “dimostra la capacità delle imprese del settore di rispondere in maniera adeguata, sinergica ed efficiente alla necessità di contrastare i fenomeni dello sfruttamento parassitario dei contenuti protetti dal diritto d’autore e si inserisce in un progetto più ampio e articolato, il cui obiettivo ultimo è la tutela e la valorizzazione del prodotto editoriale di qualità”. Soddisfatti anche i giornalisti. Il presidente della Fnsi, Franco Siddi, ha sottolineato che l’iniziativa della Fieg “è un ulteriore riconoscimento dei valori del lavoro professionale incardinato nell’industria dell’informazione”, e ha invitato a un ulteriore approfondimento e confronto sul tema della ridistribuzione dei proventi tra giornalisti e aziende editoriali, “secondo criteri definiti tra le parti”. Su cosa si fonda la pretesa degli editori di farsi pagare qualcosa che finora è stato gratuito? Alla base di tutto c’è la legge sul diritto d’autore, che risale al 1941. L’articolo 65 stabilisce che i pezzi di attualità su temi economici, politici e religiosi possono essere liberamente riprodotti, citando la fonte, a patto che l’utilizzazione non sia espressamente riservata. Basandosi su questa norma, le rassegne stampa (che formalmente sono testate registrate, con tanto di direttore responsabile) riprendono ogni mattina gli articoli di giornali, riviste e siti web e li inviano ai propri clienti. Una pratica che gli editori non hanno mai visto di buon occhio, soprattutto dopo l’avvento delle tecnologie digitali, che hanno reso più facile e meno costosa la riproduzione e diffusione degli articoli. Nel 1997 il gruppo Class, che pubblica Italia Oggi e Milano Finanza, inizia una battaglia legale contro le rassegne stampa, citando in giudizio la Selpress, società di media monitoring che oggi fa capo a Mps. Dopo il primo e il secondo grado di giudizio, entrambi a favore del gruppo Class, Selpress fa ricorso in Cassazione. E la Suprema corte da ragione ancora una volta al gruppo guidato da Paolo Panerai. La sentenza (n. 20410 del 2005) ribadisce che, se la riproduzione è riservata, un articolo non può essere ripubblicato da altri e che elaborare rassegne stampa sistematicamente diffuse il giorno stesso della pubblicazione degli articoli è una condotta commercialmente scorretta, in altre parole concorrenza sleale. Alla fine la vicenda si è chiusa con un risarcimento ‘tombale’ a favore del gruppo Class per chiudere con il passato e con un accordo per il futuro che prevede da parte di Selpress un adeguato compenso per il diritto di riproduzione degli articoli. Praticamente la soluzione proposta oggi da Promopress. Da quel momento i giornali hanno cominciato a inserire in coda ai pezzi la dicitura ‘riproduzione riservata’, una prassi adottata via via da tutte le principali testate, sia su carta sia on line. Più di tanto però non si è fatto per risolvere la questione e infatti per arrivare alla costituzione di Promopress ci sono voluti ben sette anni. All’epoca della sentenza favorevole al gruppo Class, la situazione economica degli editori non era pesante come oggi e la Fieg non reputò di prendersi a cornate con le società di media monitoring. La crisi impone ora alle case editrici di recuperare risorse. E la quota che potrebbe arrivare dalle aziende che producono rassegne stampa non è da buttare, come dimostrano i 44 milioni di euro incassati dagli editori inglesi. Oggi, con la nascita di Promopress, il problema è finalmente risolto? Non proprio. AssoRassegne Stampa, l’associazione di categoria costituita l’anno scorso proprio per rappresentare le agenzie nella trattativa con gli editori, contesta l’iniziativa della Fieg e ha deciso di non aderire al nuovo organismo. “Hanno firmato il contratto di licenza solo quattro agenzie che rappresentano il 6% del mercato delle rassegne”, afferma Umberto Frugiuele, presidente di AssoRassegne, che ha dalla sua le tre maggiori agenzie italiane: L’Eco della Stampa (di cui è direttore), Data Stampa e Selpress. Altre, come Telpress, pur non facendo parte dell’associazione, ne condividono le decisioni. “In complesso il settore da lavoro a 600 persone e ha un giro d’affari di 40 milioni di euro; le società che fanno parte di AssoRassegne hanno 330 dipendenti e un fatturato annuo di 25 milioni di euro”, aggiunge Frugiuele. Questo, detto per inciso, significa che, se aderissero tutte a Promopress, a regime le rassegne dovrebbero girare agli editori meno di 3 milioni di euro (l’8% del fatturato, considerando solo l’attività di rassegna stampa vera e propria). Tra le quattro rassegne che hanno firmato il contratto Promopress, la più importante è Mimesi, che fa capo a Reed Business Informations, società del gruppo anglolandese Reed Elsevier specializzata nella comunicazione business to business e nei servizi alle aziende; PressToday, che fa capo a Extrapola, è un servizio automatizzato, come PressLine, di proprietà di una società emiliana, Kikloi; il quarto firmatario, Dailyou (www.dailyou.com), è un giornale digitale personalizzato ancora in costruzione. “Io penso che la firma del contratto di licenza si trasformerà in un vantaggio competitivo per Mimesi, e penso che le altre società si convinceranno e aderiranno anche loro a Promopress”, afferma Marco Levi, amministratore delegato di Reed Business. “Il media monitoring è un mondo che si sta evolvendo rapidamente; accanto alle rassegne tradizionali acquista sempre più peso l’analisi di blog e social network; è un’attività che Mimesi ha intrapreso quest’anno e che nell’arco di un paio di anni dovrebbe raggiungere il 50% del fatturato”. Le case editrici di giornali e riviste ovviamente sostengono in massa Promopress: sono 37 quelle che hanno già firmato il contratto, tra cui tutti i maggiori gruppi editoriali italiani. Le obiezioni che i titolari delle agenzie muovono all’iniziativa della Fieg sono sia di merito sia di metodo. “E uno strappo quello che ha fatto la Fieg, un vero e proprio diktat a cui ci siamo fermamente opposti come AssoRassegne, inviando una diffida agli editori”, afferma Frugiuele. Le maggiori critiche si appuntano sul contratto di licenza. “È una formula per noi inaccettabile”, spiega il presidente di AssoRassegne, che propone al suo posto la formula dell’equo compenso. “Noi facciamo il nostro lavoro sulla base delle leggi italiane. Se la nostra attività fosse illegale avremmo potuto essere presenti agli Stati generali dell’editoria a Palazzo Chigi? Non contestiamo la necessità di regolare la nostra attività alla luce dell’evoluzione tecnologica, e ammettiamo che sia giusto fissare un equo compenso a favore degli editori, ma deve valere per tutti. Non è una questione di cifre, non abbiamo neppure preso in considerazione questo aspetto. Ma non vogliamo correre il rischio di dover chiudere l’attività, se fra tre anni, alla scadenza del contratto, gli editori dovessero chiederci aumenti insostenibili. Se devo chiudere la mia attività perché è illegale me lo deve dire una legge, non la Fieg”. Un altro aspetto contestato da AssoRassegne è la forma giuridica di Promopress, una srl di proprietà della Fieg. “Riteniamo inadeguata qualsiasi soluzione che faccia capo a una società a responsabilità limitata degli editori”, precisa Frugiuele. “Il nostro interlocutore, il collettore dei soldi, deve essere un ente terzo e pubblico, come la Siae”. Quanto al metodo, AssoRassegne giudica una forzatura la decisione della Fieg di istituire il Repertorio senza aver prima raggiunto un accordo con tutte le parti interessate e vorrebbe proseguire la trattativa con il coinvolgimento diretto degli organi istituzionali. È evidente che le società di media monitoring non accettano di buon grado l’idea di dover pagare per qualcosa che finora in Italia è stato gratuito: lo riconoscono apertamente loro stesse in un documento inviato il 20 luglio alle associazioni degli editori – Anes, Fieg, Fise, Mediacop, Uspi – e per conoscenza al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Peluffo, e a Ferruccio Sepe, consigliere del Die, Dipartimento per l’informazione e l’editoria. Nel documento, intitolato ‘Proposta di un equo compenso alle associazioni degli editori’, si sostiene che “in assenza di una legge, iniziative che dessero l’apparenza di creare situazioni di monopolio turberebbero la libera concorrenza esponendo chi compie tali illeciti a gravi responsabilità anche personali” (vedi il testo nei Documenti di Prii7iaoiiline.it). Cosa risponde la Fieg alle obiezioni di AssoRassegne? “Negli ultimi due anni ci siamo confrontati con tutte le società che producono le rassegne in Italia, in particolare con le maggiori, che sono una decina”, racconta Fabrizio Carotti, direttore generale della Fieg. “Dopo la nascita di AssoRassegne, abbiamo proseguito la trattativa anche con loro. Lo scorso novembre sono venuti da noi il presidente dell’associazione, Frugiuele, e il vice presidente, Levi; ci hanno posto una serie di questioni e le abbiamo risolte tutte. Ma non possiamo chiedere agli editori di firmare un contratto a vita: questa di Frugiuele la considero una richiesta strumentale. Tutte le cose ragionevoli che ci hanno chiesto le abbiamo concesse. Tanto è vero che Levi alla fine ha rassegnato le dimissioni da AssoRassegne e ha firmato il contratto di licenza per Mimesi”. Quanto alla forma di società scelta per Promopress, Carotti precisa che “siamo partiti con un’iniziativa privatistica, perché riteniamo che sia un mezzo più efficiente e rapido rispetto a un organismo pubblico, ma non escludiamo, per altri sviluppi della tutela dei diritti, anche un rapporto con la Siae. E siamo convinti che arriveremo a un accordo anche con Frugiuele e con le agenzie che aderiscono ad AssoRassegne”. Un’iniziativa che trova d’accordo sia gli editori sia le agenzie è quella contro le rassegne on line liberamente accessibili nei siti di enti e istituzioni (vedi l’articolo sul numero di Piima di aprile, a pag. 29). “Stiamo facendo passi avanti notevoli su questo fronte”, afferma Carotti. “Il ministero dell’Economia, il governo e il ministero del Lavoro hanno raccolto il nostro invito a rimuovere le rassegne stampa on line e confidiamo che anche le altre istituzioni seguano questo esempio. Nel mandato che gli editori hanno dato a Promopress c’è proprio quello di concordare con la pubblica amministrazione una modalità specifica di riutilizzo degli articoli dei giornali, con riferimento alle esigenze informative di ogni singola amministrazione, senza il pagamento di un compenso da parte loro. Sono convinto quindi che risolveremo presto 0 problema delle rassegne on line. Già molti enti locali, Comuni, Province e Regioni, si sono attivati autonomamente quando si sono resi conto che la pubblicazione on line delle rassegne poteva non essere totalmente in linea con la legge sul diritto d’autore. Del resto basta leggere cosa c’è scritto in coda agli articoli riprodotti sulle rassegne: a uso interno”. Un altro fronte caldo per gli editori è quello della lotta alla pirateria. La Fieg sta collaborando con la polizia giudiziaria per combattere il fenomeno dei siti pirata. Un risultato importante è stato ottenuto qualche mese fa con la chiusura di YouKioske, un’edicola on line spagnola che incassava circa lOOmila euro al mese in pubblicità distribuendo gratuitamente sul suo sito i pdf di giornali di tutto il mondo. “Su Internet, purtroppo, chiuso un sito pirata è facile che se ne apra subito dopo un altro, ma non possiamo far finta che non ci siano i ladri perché è facile rubare. Quindi continueremo a combattere la pirateria con tutti i mezzi”, afferma Carotti. In questa direzione si è mosso di recente anche Google, decidendo di penalizzare nei risultati del motore di ricerca i siti denunciati per violazione del copyright, un modo per rendere meno facile la vita ai pirati on line. “Abbiamo incontrato anche Google; siamo lavorando a 360 gradi”, afferma Carotti. “È chiaro che bisogna trovare il giusto equilibrio, il modo di contemperare diversi interessi. In una trattativa del genere ognuno deve sacrificare una parte delle proprie posizioni, ma è chiaro che mettendosi intorno a un tavolo e ragionando l’equilibrio si trova”. L’iniziativa di Promopress fa parte insomma di un progetto più ampio, volto a regolamentare tutte le forme di diffusione dei contenuti on line, in modo da recuperare fonti di ricavi. Il che in questo periodo di vacche magre ovviamente non guasta. È una politica dei piccoli passi, come la definisce Carotti, che sta dando i suoi frutti. “Un passo importante”, spiega il direttore generale della Fieg, “vogliamo farlo con le università e con tutti coloro che utilizzano l’informazione non a fine di business, garantendo ovviamente condizioni particolarmente vantaggiose. Poi vedremo se sarà il caso di allargare ulteriormente il tiro”. Carotti non lo dice espressamente ma gli obiettivi successivi saranno probabilmente Google e gli aggregatoli di notizie, accusati di copiare dai siti d’informazione arricchendosi con la pubblicità on line. In questo caso però sarà più difficile per gli editori far valere le proprie ragioni. Il diritto di citazione su cui si basano Google News e gli altri aggregatori è previsto espressamente dalla legge sul diritto d’autore e sancito anche ^ dalla Coni –Jr^k venzione di Berna. “Ci sono tre strade per arrivare a far pagare i motori di ricerca e gli aggregatori di contenuti”, sostiene Carotti. “L’intervento di un’autorità regolatrice per far capire che si sono superati certi limiti; oppure un accordo tra privati, o ancora una legge che modifichi le norme sul diritto d’autore”. Quest’ultima è la strada scelta dalla Germania, con un disegno di legge proposto dal governo di Angela Merkel, attualmente all’esame del Bundestag. Il provvedimento, già ribattezzato ‘Google tax’, prevede che ogni forma di utilizzo, anche per estratto, dei contenuti dei giornali tedeschi, sia subordinato alla firma di un contratto di licenza con gli editori, esattamente come avviene per le rassegne stampa. Gli editori italiani guardano ovviamente con molto interesse all’esempio tedesco. “Google sa che una parte dei suoi affari deriva dall’utilizzo di contenuti prodotti da altri”, afferma il direttore generale della Fieg. “Io sono convinto che è solo questione di tempo. La normativa sul diritto d’autore era nata quando non c’era questo tipo di utilizzi. Tutte le associazioni europee degli editori premono perché si arrivi a una norma che disciplini in modo nuovo la materia. In Germania ci sono arrivati. Anche da noi esistono vari progetti di legge per disciplinare in modo nuovo la questione”. Carotti non si nasconde le difficoltà che gli editori incontreranno su questa strada: “Purtroppo l’opinione pubblica fa confusione tra la divulgazione delle notizie, che deve essere assolutamente libera e garantita, e l’utilizzo dell’informazione a scopo di lucro, che è cosa diversa”. Su Internet intanto i difensori della libertà della Rete stanno già affilando le armi contro l’idea di limitare in qualche modo il diritto di espressione. La battaglia per la Fieg si preannuncia lunga e difficile e l’esito finale non è scontato. Claudio Cazzata.
Foto: Giulio Anselmi (a sinistra), presidente della Fieg e dell’Ansa, insieme al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano (foto Ansa).
Foto: Fabrizio Carotti, direttore generale della Fieg e amministratore unico di Promopress.
Foto: Paolo Panerai, vice presidente e amministratore delegato di Class Editori, l’unico editore che ha iniziato una battaglia legale contro i produttori di rassegne stampa citando in giudizio Selpress e vincendo in tribunale fino alla Cassazione (foto Olycom).
Foto: Nella foto qui sopra, Marco Levi, amministratore delegato di Reed Business, a cui fa capo Mimesi, ed ex vice presidente di AssoRassegne. In alto, Umberto Frugiuele, presidente di AssoRassegne e direttore dell’Eco della Stampa.
Foto: Angela Merkel, cancelliere della Germania. Nei giorni scorsi il governo tedesco ha presentato una proposta di legge (già ribattezzata ‘Google tax’) per obbligare i motori di ricerca e gli aggregatoli di notizie a stipulare un contratto di licenza per la riproduzione degli articoli, anche in forma di estratto. Nella foto piccola, Fabio Vaccarono, ex amministratore delegato della Manzoni e nuovo country manager di Google. Tra i temi caldi che si troverà sicuramente ad affrontare ci sono le richieste della Fieg per il riconoscimento del diritto d’autore anche sulla Rete (foto Claudio Mangiarotti/Olycom).
Cosa stabilisce il cotnratto
Il contratto di licenza Ars (Agenzie rassegne stampa), proposto dal Repertorio Promopress della Fieg, disciplina i rapporti in materia di diritto d’autore tra gli editori di giornali e riviste e le agenzie che producono le rassegne. Al momento aderiscono all’iniziativa quattro rassegne stampa (Mimesi, DailYou, PressLine e PressToday) e 37 case editrici, tra cui tutti i maggiori gruppi editoriali (vedi l’elenco completo nel sito Repertoriopromopress.fieg.it). Il contratto stabilisce che possono essere inseriti in rassegna solo articoli tratti dal numero in diffusione dei quotidiani e dai due numeri precedenti (uno per i periodici), fatta salva la possibilità di inserire poi gli articoli in raccolte e archivi. Non possono essere inseriti in rassegna più del 15% del totale degli articoli di uno stesso numero di giornale o periodico e comunque non più di 35 articoli per ogni testata. Ogni ch’ente avrà diritto al massimo a dieci accessi alle rassegne, anche su diverse piattaforme; questi accessi sono riservati ai collaboratori della società (ufficio stampa, top manager, eccetera); è vietata ogni altra forma di utilizzo e quindi anche la diffusione su Internet in modo accessibile a tutti. Le agenzie si impegnano a comunicare questi vincoli ai proprii clienti; inoltre si fanno carico di verificare nel sito di Promopress che gli articoli da riprodurre facciano parte di testate aderenti al Repertorio. Dal canto loro gli editori si impegnano, a partire dal 1° gennaio 2013, a fornire alle rassegne stampa i file digitali delle proprie edizioni cartacee entro due ore dalla chiusura della prima edizione. Le agenzie pagheranno a Promopress un corrispettivo annuo, in due rate semestrali, calcolato in base al proprio fatturato (solo per la parte che riguarda le rassegne stampa). Promopress può verificare la correttezza delle cifre fornite dalle agenzie mediante controlli effettuati da revisori contabili. Questo l’ammontare dei corrispettivi: il 2% degli introiti annui al netto di Iva per il 2012, il 4% per il 2013, 0 6% per il 2014 el’8%peril2015. Il contratto ha durata minima di 36 mesi, decorsi i quali la licenza Ars si rinnova automaticamente di anno in anno, salvo disdetta di una delle parti. Se il numero delle testate comprese nel Repertorio si riduce di più del 15%, si può recedere dal contratto anticipatamente; se invece questo numero aumenta più del 15%, Promopress si riserva la facoltà di aumentare il compenso dovuto al rinnovo della licenza. Firmando il contratto, i contraenti rinunciano a qualsiasi pretesa e azione pregressa in merito ai diritti di utilizzazione di articoli. Il testo integrale è nei Documenti di Primaonline.it.