Durante il lockdown sono nate diverse discussioni sul “digital divide”. Quello che un tempo era un termine esclusivo per addetti ai lavori, oggi è una realtà consolidata che tocca tutti a causa dei suoi risvolti economici, sociali e culturali.
Dovendo dare una definizione, il “digital divide” – o “divario digitale” – indica l’insieme delle limitazioni che una popolazione incontra nell’avere accesso a Internet, limitazioni che vanno dalla scarsa o assente connessione alla mancanza di device collegati alla rete. E’ un dato fondamentale perché mette in evidenza una disuguaglianza sociale in termini di accesso e uso della tecnologia.
Com’è la situazione in Italia? Nel dicembre 2019 l’Istat ha pubblicato il report “Cittadini e ICT”: dal report è emerso che la percentuale di famiglie italiane che dispongono di una connessione a banda larga è pari al 74,7%, mentre la percentuale degli individui che hanno utilizzato Internet, nei 3 mesi precedenti all’intervista, è pari al 67,9%. Dati che non incoraggiano, soprattutto perché entrambi sono in crescita rispetto alla stessa analisi condotta l’anno precedente.
Inutile dire che i soggetti più colpiti dal divario digitale sono i giovani: sempre l’Istat, nello studio “Spazi in casa e disponibilità di computer per bambini e ragazzi”, ha mostrato una situazione non proprio rosea riferita, ancora una volta, al 2019:
- quasi il 34% delle famiglie italiane non possiede un computer o un tablet;
- poco più di una famiglia italiana su cinque ha a disposizione almeno un device digitale per componente;
- i dati migliorano in caso di famiglie più giovani e in cui vive almeno un minore, dove la prima percentuale, riferita alla totale assenza di PC o altri device digitali, scende a poco più del 14%;
- la percentuale di assenza di dispositivi digitali è più alta nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord (tocca il 46% e il 44% rispettivamente in Calabria e Sicilia) e nei comuni di piccole dimensioni rispetto alle aree metropolitane;
- tra gli adolescenti di 14-17 anni che hanno usato internet negli ultimi 3 mesi, due su 3 hanno competenze digitali basse o di base mentre meno di tre su 10 (pari a circa 700 mila ragazzi) si attestano su livelli alti.
Torniamo quindi a un forte problema emerso durante il lockdown: l’accesso a dispositivi e connessione per i ragazzi obbligati alle lezioni a distanza.
Secondo il sondaggio civico promosso da Cittadinanzattiva sulla didattica a distanza condotto su 1245 soggetti, fra genitori, insegnanti e studenti, il 92% delle scuole ha attivato la didattica a distanza, per lo più con lezioni in diretta su varie piattaforme (85%) e una durata media a lezione fra i 40 e i 60 minuti (69%). Il sondaggio conferma purtroppo l’esclusione di tanti studenti che non hanno potuto partecipare alle lezioni online, principalmente per la mancanza di device e per l’inadeguata connessione. Quest’ultimo problema, in particolare, ha riguardato il 48,50% degli intervistati.
Secondo quanto analizzato da Mimesi attraverso il web monitoring nel periodo dal 1° gennaio al 30 giugno il tema del “digital divide” è davvero esploso, sia sul web che sulla stampa tradizionale, a causa delle diverse situazioni legate al Covid-19, dallo smartworking alle lezioni online.
In una società in cui il web domina sotto molteplici punti di vista – sociale, economico, culturale – il digital divide sembra quasi una contraddizione, eppure è ormai una realtà consolidata, un problema riconosciuto non più solo da chi si occupa di Information Technology, ma da chiunque abbia a cuore la crescita e il progresso della società.